Nell’ultimo movimento di quella che sarebbe stata la sua ultima sinfonia, la nona, Beethoven introduce diversi momenti vocali, andando contro ogni regola consolidata della tradizione sinfonica. L’urgenza di comunicare il suo messaggio di fratellanza universale tra gli uomini, nella maniera più chiara possibile, e nel linguaggio a lui più consono, impose al genio di Bonn questa scelta. Se Beethoven si fosse arreso alla tradizione, oggi non avremmo l’Inno alla Gioia.
O meglio, ne potremmo leggere su qualche libro la traduzione, o l’originale tedesco An Die Freude, di Friedrich Schiller. Ma obiettivamente fu Beethoven ad eternare quel testo, portandolo nella sua musica e innestando tutto il senso delle sue convinzioni filosofiche all’interno di essa. Lo spartito che nacque dall’incontro di testo e musica nel luogo in cui MAI avrebbe dovuto avvenire, fu in realtà uno dei binomi più riusciti nella storia della musica.
INNO ALLA GIOIA; dalla nona sinfonia di Beethoven
Spartito gratis per ensemble di chitarre
Compositore: Ludwig Van Beethoven
Arrangiatore: Davide D’Amore
Organico: 4 chitarre
Genere: Musica Classica
L’arrangiamento dell’Inno alla Gioia di Beethoven realizzato da Davide D’amore, prevede un organico di quattro chitarre. Uno dei più classici quartetti, quindi, che si è soliti allestire in occasione dei saggi o dei concorsi per le classi di scuola media ad indirizzo musicale. Si tratta di una versione molto facile del capolavoro beethoveniano, destinata quindi a chi ha iniziato anche da molto poco lo studio della chitarra.
La chitarra 1 si occupa di eseguire il tema da inizio a fine dello spartito. Le altre tre chitarre procedono in maniera omoritmica, contribuendo ognuna a realizzare parte dell’armonia, leggermente diversa dall’originale, in virtù di una semplificazione didattica utile a rendere spendibile il brano, come si diceva prima, anche in prima media.
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