Vai al contenuto

Strumento musicale e pensiero computazionale

    Categoria:

    “Spiegami una cosa” mi disse Orlando Caterina un noto commediografo montaganese circa 15 anni fa mentre stavamo organizzando delle parti in musica di una sua commedia, “tu hai studiato elettrotecnica, frequenti il corso di informatica all’Università e studi clarinetto al conservatorio: che c’entra il computer con la musica?”. La risposta che diedi all’epoca fu semplice e dissi che mi piacevano entrambe; con l’avvento nelle Scuole del PNSD quella domanda ritornò nella mia mente e sono arrivato ad una risposta un po più complicata che mette in relazione le due discipline.

    Il solfeggio

    leggere la musica - solfeggio

    Procediamo per passi e andiamo un po’ indietro nel tempo quando iniziai a studiare lo strumento. Tutti quelli che hanno suonato uno strumento sanno che lo studio dello stesso è affiancato dal solfeggio, metodo che a pochi piace ma a me piaceva moltissimo. Per spiegare anche a chi non è del settore che cos’è il solfeggio, questo è la suddivisione di una battuta musicale in più movimenti, fatta con un gesto della mano che va coordinato con la lettura delle note ad alta voce.

    Immaginiamo un cursore che scorre lungo lo spartito: con il solfeggio trasformiamo lo scorrere del tempo in uno spazio fisico nel quale la mano compie precisi movimenti ripetuti nel tempo, quindi non facciamo altro che trasformare il tempo in spazio facendo diventare le due dimensioni la stessa cosa (forse fu una delle ispirazioni del violinista Albert Einstein per la proposta della teoria della relatività?). Tutto questo viene fatto poi mentalmente mentre si deve suonare uno strumento musicale.

    Il solfeggio era chiamato anticamente “metodo della divisione” perchè si divideva in piccole parti di facile lettura ciò che era in un primo momento difficile. Per esempio un concerto è diviso in più tempi, ogni tempo lo possiamo dividere in più parti, ogni parte in elementi ancora più brevi e così via fino ad arrivare alla battuta, ai movimenti e alla suddivisione che saranno composti dagli elementi più semplici e basilari e quindi di facile lettura. Questi elementi poi vanno riuniti temporalmente per formare il tutto e risolvere quindi il problema iniziale della lettura del concerto.

    Il pensiero computazionale

    coding e pensiero computazionale

    Adesso riavviciniamoci al presente e vediamo cos’è il PNSD. Il PNSD (Piano Nazionale per la Scuola Digitale) è stato introdotto con la legge 107 del 2015 (detta “la buona Scuola”) ed è un piano composto da tante azioni per dotare le scuole di tutta Italia del necessario (per quello che ci interessa in questo articolo) per adottare una didattica che sfrutti la componente digitale.

    All’interno del piano inoltre viene menzionato più volte l’importanza di promuovere attività che sviluppino il pensiero computazionale descritto come “una nuova sintassi, tra pensiero logico e creativo, che forma il linguaggio che parliamo con sempre più frequenza nel nostro tempo”.

    Una di queste attività è quella del “coding” composta da giochini virtuali da risolvere con il minor numero di mosse e che permettono al discente di visionare anche il codice di programmazione di ogni mossa che eseguono. Per pensiero computazionale si intende quindi la capacità di risolvere un problema in piccoli passi elementari (operazioni semplici di base) con un algoritmo (sequenza di azioni da intraprendere) che sia efficace ed efficiente.

    Non vi “suona” familiare? Ecco allora la risposta più completa che oggi posso dare al commediografo: “Musica e informatica mi piacciono entrambe e sono identiche nel loro modo di affrontare e risolvere i problemi: se non si sa risolvere il problema di partenza bisogna dividerlo in più problemi fin quando essi sono facili da risolvere (operazione di chunking), risolverli (operazione di solving) e unire le soluzioni per risolvere il problema iniziale (operazione di sequencing)”.

    Gli effetti della musica sul cervello

    gli effetti della musica e dello strumento musicale sul cervello

    Gli insegnanti di strumento musicale dai tempi della notazione musicale su pentagramma (XV secolo circa) hanno sempre promosso azioni didattiche per sviluppare il pensiero computazionale e questo non ha fatto altro che aumentare le capacità cognitive dei loro discenti.

    Anche la scienza ci dà conferma dell’ampio valore dato dal suonare uno strumento musicale: uno studio condotto nel 1992 a Montreal nel laboratorio di neuroscienze cognitive da Sergent J, Zuck E, Terriah S, MacDonald B intitolato “Distributed neural network underlying musical sight-reading and keyboard performance” rivela che suonare uno strumento richiede un alto livello di interazioni multimodali e che le componenti neuronali che agiscono sono: le strutture percettive e organizzative, la memoria, le associazioni lessico-semantiche e l’integrazione sensomotoria.

    Anita Collins, ricercatrice australiana nel campo dell’educazione musicale in particolare nell’impatto dell’educazione musicale sullo sviluppo cognitivo, attraverso le sue ricerche ha dimostrato che suonare uno strumento musicale attiva e rafforza progressivamente quasi tutte le regioni del cervello umano, ottenendo effetti positivi anche sulla vita di tutti i giorni perchè gli aspetti maggiormente influenzati sono l’attenzione ai dettagli, la memoria e una maggiore attitudine all’utilizzo di capacità strategiche e di pianificazione.

    Tutto questo valorizza ancor di più la creazione del nuovo indirizzo musicale e coreutico nei Licei, non fa che lodare l’intuito e l’innovazione dei dirigenti scolastici che in passato hanno aggiunto l’indirizzo musicale nelle loro Scuole e ci fa sperare nell’apertura di nuovi indirizzi musicali nella nostra Nazione che non possono fare altro che dare benefici ai nostri discenti sul piano cognitivo e sociale.

    Angelo Muccino, docente di clarinetto


    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

    tre + 20 =